Descrizione
Negli ultimi decenni si è assistito ad un crescente interesse per la storia degli internati militari nella Germania nazista dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Questo catalogo, che raccoglie le immagini della mostra omonima, anziché delle loro drammatiche esperienze di prigionia e di lavoratori “schiavi di Hitler”, si occupa del ritorno di quanti riuscirono a sopravvivere.
La memorialistica ha consentito di ricostruire in parte una storia a lungo dimenticata.
A centinaia di migliaia di ex combattenti al ritorno in patria toccò il trattamento riservato ai prigionieri di guerra, ai perdenti, a coloro che nel momento della lotta partigiana e della liberazione dal nazifascismo non c’erano.
Gli ex internati nelle loro memorie ricordano il senso di isolamento, le difficoltà a trovare un impiego dopo tanti anni di assenza dall’Italia, il disinteresse di un Paese che voleva solo dimenticare, il rapporto talvolta conflittuale con le associazioni partigiane. Solo negli anni ottanta, la concessione della qualifica di “volontari della libertà” e un rinnovato interesse degli storici nei confronti dei prigionieri di guerra hanno assunto il significato di ridare dignità alla loro scelta di rifiutare di aderire alla Repubblica sociale italiana e di combattere per il nazifascismo.
La maggior parte degli ex internati militari rientrò in Italia tra maggio e novembre 1945, non senza problemi: molti erano malati; la scarsità di mezzi di trasporto e l’inagibilità di tratti ferroviari, ponti e strade bombardati dagli Alleati, li costrinsero spesso a percorrere lunghi tratti a piedi, o in convogli sovraffollati, e il loro viaggio di ritorno durò talvolta parecchie settimane.
Mentre l’assistenza prestata dalle istituzioni statali fu piuttosto precaria, le istituzioni ecclesiastiche, con l’aiuto della Croce rossa, organizzarono una fitta rete di interventi in favore degli ex internati a Bolzano e a Pescantina, nei pressi di Verona, dove fu allestito un campo di smistamento.
Nella stazione di Balconi (l’unica rimasta intatta nonostante i bombardamenti della linea ferroviaria del Brennero), a due chilometri dal centro del paese, affluivano ogni giorno tre o quattro tradotte, che trasportavano circa duemila uomini ciascuna.
Luciano Giachetti e Adriano Ferraris, i partigiani “Lucien” e “Musik” divenuti i “Fotocronisti Baita” di Vercelli, si recarono a Pescantina, con uno dei convogli di autocarri, e documentarono l’arrivo di un gruppo di ex internati della provincia di Vercelli.
Nei loro volti, assieme alla gioia per la liberazione, si legge la speranza di una nuova Italia. Ma la loro schiavitù non è mai stata risarcita.
Le pagine d’album riprodotte nel catalogo vogliono onorare il loro sacrificio.
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